Quante volte ci è capitato di sentire questa frase? Eppure tutti noi ci siamo trovati in una situazione simile almeno una volta nella nostra vita: l’eccessivo distacco emotivo ed intellettuale tra noi ed il nostro professore andava a ledere la buona riuscita dell’insegnamento. Il risultato? Ci siamo sentiti inadeguati, forse stupidi, o comunque non degni del suo servizio. In realtà non era una nostra sensazione, ma un problema serio che vale la pena discutere.
A tal fine è interessante riportare una citazione di C.S. Lewis:
Succede spesso che due studenti siano in grado di aiutarsi a vicenda con più efficacia del loro professore nel risolvere alcuni dubbi. Quando portavi il problema al prof, come ricordiamo tutti, era abbastanza probabile che ti spiegasse le cose che già avevi capito, che aggiungesse un gran carico di informazioni che non volevi, senza però dire nulla a proposito della questione che ti stava dando problemi.
[…] Il compagno di studi, invece, può aiutare più del professore, perché sa meno cose. Inoltre il dubbio che vogliamo chiarire riguarda un problema che il nostro compagno ha incontrato di recente, mentre l’esperto l’ha incontrato così tanto tempo fa che se ne è ormai dimenticato. L’esperto vede la materia nella sua interezza, e non può più avere una concezione di quali possano essere le difficoltà dello studente.
Se poi aggiungiamo che in Italia l’età media degli insegnanti è la più alta d’Europa, la frittata è fatta: il gap generazionale instaura quel timore reverenziale che spesso rende impossibile la comunicazione tra studente e professore, a ogni livello: liceo e università.

Un confronto può essere fatto con il gruppo di ricerca italiano più geniale di sempre: i ragazzi di via Panisperna. L’età media del gruppo era di 28 anni, e il loro professore, il premio nobel Enrico Fermi, aveva solo 7 anni in più dello studente più giovane. Enrico seppe insegnare così bene ai suoi studenti soprattutto perché aveva affrontato le loro stesse difficoltà pochi anni prima, e seguiva un approccio giovanile, energico, moderno. Quel gruppo portò la ricerca italiana alla vetta mondiale, e da lì fu poi una lenta discesa. Oggi gli orizzonti sono ben più ristretti di allora.
Nella mia carriera da studente ho sempre cercato di mettermi a disposizione per poter aiutare gli altri a chiarire qualche dubbio. Ho tratto molto più beneficio dalle discussioni con i miei colleghi che da quelle con alcuni miei professori, proprio per i motivi sopracitati. Sono convinto che la strada della ricostruzione della didattica italiana nelle materie scientifiche debba passare da qui: è il momento di rendere disponibile per tutti un nuovo approccio didattico.
PS. ho scritto un libro di testo che rappresenta proprio ciò che avrei desiderato leggere all’inizio dei miei studi di Fisica. Si chiama “L’apprendista teorico” , dai un’occhiata per vedere di cosa si tratta. Il libro è acquistabile su Amazon.