Ho passato buona parte di novembre appresso al feroce bisogno di approfondire una mantra che ho sentito spesso dai miei docenti di alcuni corsi di teorica che sto seguendo:

"Fermi scrisse la teoria del decadimento beta usando un vertice a quattro fermioni, fate il conto e ricavatevi la costante di accoppiamento dalla vita media." 

Una nota di background: nei principali corsi teorici della mia facoltà è riservato poco spazio alla teoria elettrodebole, per cui uno studente tra il primo e il secondo anno (come me) ha a disposizione giusto una buona base sulla seconda quantizzazione e teoria dello scattering, con alcune nozioni qua e là di fenomenologia di fisica delle particelle.

Riguardo al conto per il decadimento beta di Fermi ho pensato tra me e me:

"Ok, suppongo si possa fare, è un decadimento fermionico che posso trattare con il formalismo della matrice S che ci hanno insegnato a Teorica 1. Scrivo gli operatori di creazione etc. etc." 
Io, impegnato nel non capire in che modo strutturare un discorso sull’argomento che sto studiando, in un triste quadro novembrino.

Il tempo di poggiare la penna sul foglio e vengo travolto da un turbinio di dubbi, non tanto sui conti, quanto più su cosa stessi davvero facendo: ho realizzato che il formalismo della matrice S funziona bene per le particelle asintoticamente libere, ma se voglio descrivere le particelle nucleari che decadono, come posso fare? Da qui è iniziata una ricerca che mi ha portato ad analizzare per intero l’articolo originale di Fermi, per scoprire che i miei dubbi erano comunque fondati: non posso trascurare i nuclei! E subito sorgono nuovi dubbi: ma allora il conto a quattro fermioni che processo calcola esattamente? Il decadimento del neutrone libero? Ma la costante non torna mica! E poi, come si è passati dalla teoria di Fermi alla teoria elettrodebole? In che senso la teoria di Fermi è una Effective Field Theory della elettrodebole, e in che modo questa descrive i processi nucleari con il formalismo che si usa oggi? La ricerca di risposte a queste domande mi ha portato sui libri specialistici in teoria elettrodebole, dove però era dedicato decisamente poco spazio alla costruzione di un percorso pedagogico.

È molto probabile che la mia ossessione per la necessità di avere una struttura pedagogica da seguire per poter capire un argomento sia una cosa un po’ stupida e inutile, ma sono fatto così:

Per capire le cose ho necessità che mi venga spiegato non solo come funzionano, ma anche perché gli umani le hanno fatte funzionare in quel modo e non in un altro.

Questa sidequest ha occupato la maggior parte delle mie giornate di quest’ultimo mese, portandomi a una realizzazione:

“Tutto questo poteva essere enormemente semplificato da una trattazione più organica e rivolta a uno studente con il mio stesso background".

Mi sono quindi immaginato:

"E se qualcuno si fosse messo a scrivere un bel riassunto introduttivo di tutto quello che concerne la teoria di Fermi fino alla teoria elettrodebole, in modo da farmi fare in poche ore quel sentiero concettuale che ho sviluppato in tutti questi giorni?"

Non trovando nulla in merito, ho deciso di farlo io. Il risultato è “Guida per lo studente al calcolo di Fermi sul decadimento β“, in cui esploro e commento il famoso articolo del 1934 di Enrico Fermi, e lo analizzo da un punto di vista degli strumenti matematici che vengono insegnati nei corsi universitari introduttivi di fisica teorica, cercando di costruire un percorso pedagogico fino ad arrivare a un cenno sulla teoria elettrodebole e al concetto di Effective Field Theory.

Guida per lo Studente al calcolo di Fermi sul decadimento β

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Perché è importante condividere ciò che si impara, oggi più che mai

Gestisco questo blog da ormai 6 anni, cioè fin da quando ero in quarta liceo, e lo scopo è sempre stato lo stesso: voglio scrivere delle note/appunti approfonditi che desidererei dare al me stesso del passato per fargli fare meno della metà della fatica che ha fatto effettivamente per costruire il ragionamento logico. Ho notato con piacere che negli anni questi sforzi sono stati apprezzati da altri studenti che erano curiosi di imparare gli stessi argomenti, come evidenziato dal numero di download sempre crescente negli anni.

In questo senso coltivo un ambizione probabilmente poco realistica: desidererei che partisse un movimento di scambio culturale tra studenti, volto a condividere ciò che si impara.
Sia chiaro non basta condividere lo straccio dei propri appunti scritti a penna, ma serve una vera e propria esposizione pedagogicamente strutturata e studiata per toccare le corde giuste nella mente di chi legge, con lo scopo di far suonare tanti “eureka” nella sua testa. In questo modo tutti assieme si potrebbe imparare a più del triplo della velocità ed efficienza, e si verrebbe a creare un vero e proprio circolo intellettuale tra studenti.

Questo discorso diventa sempre più importante man mano che la scienza progredisce, perché inevitabilmente nessuno ha più il tempo materiale di specializzarsi anche solo su una frazione delle numerosissime branche di un campo scientifico. La necessità di semplificare i percorsi di apprendimento, condividendo ciò che si impara, è oggi più urgente che mai.

Perché fare questo invece di affidarsi solo ai libri di testo universitari?

Semplicemente perché la conoscenza è strutturata in diversi livelli di comprensione, dal livello zero al livello “esperto”; inoltre vale la regola generale che:

Non sempre il libro che stai studiando è sintonizzato con il tuo livello di apprendimento attuale.

Il risultato? Una fatica immensa.

Ciò che penso è questo:

Se io voglio capire un argomento “x” appartenente a un insieme di concetti “X” del quale ho comunque un minimo di background, non è necessario che la persona che arrivi a spiegarmi “x” sappia poi tutto di “X”, perché a me basta la sintonizzazione col mio attuale livello di apprendimento. Solo dopo, una volta compreso “x” al livello precedente, potrò muovermi al livello successivo, in cui mi servirà magari un’esposizione da parte di una persona che dovrà comunque essere anche lei al mio stesso livello di apprendimento.

Io credo che in questo modo si faccia molta meno fatica, soprattutto in branche come la fisica teorica in cui di uno stesso argomento “x” si possono avere tantissimi livelli diversi di comprensione, da quello basico a quello totalmente astratto. In ciascuno di questi livelli è utilissimo, per chi sta imparando, poter trovare spunti da chi si è preso del tempo per organizzare i propri schemi mentali e si sia sforzato di tirar fuori una spiegazione quanto più pedagogica possibile.

Ricapitolando, scrivo guide per lo studente (o per il me stesso del passato) perché:

  • Voglio tenere un’organizzazione concettuale delle cose che imparo, in modo da poterle consultare rapidamente per qualche dubbio futuro, e in modo da evitare di annegare in un mare di libri e referenze già consultate (citate comunque nella bibliografia della guida).
  • Voglio far fare meno fatica a chi sarà curioso sullo stesso argomento, in quel preciso livello di comprensione. Chiaro che ad esempio quella guida che ho appena scritto è di scarso interesse per chi quei concetti li ha già assimilati da anni e a livelli superiori di comprensione.
    Il punto è che non tutti partiamo dalla stessa base, ed esiste sempre una certa popolazione che si trova invece nello sweet spot, per la quale magari quella guida è un salvavita, magari per una tesina o un seminario da preparare.

In verità mi ossessiono un po’, perché finché non trovo il libro che spiega quel mio dubbio esattamente nel modo in cui io voglio capirlo, o nel modo in cui io voglio che venga spiegato, non mi do pace.

Se proprio non trovo nessuna alternativa, mi viene da scriverla io stesso, una volta che penso di aver capito il concetto abbastanza in profondità.
In ogni caso non è uno sforzo inutile: avrò comunque una referenza personale per il futuro, o magari sarà utile a qualche altro studente che si trova nella mia stessa situazione.


Se facessimo tutti questo lavoro, non è da escludere che il mondo universitario italiano possa diventare un posto ben più stimolante e ricco di spunti.


PS. ho scritto un libro di testo che rappresenta proprio ciò che avrei desiderato leggere all’inizio dei miei studi di Fisica teorica, per renderla accessibile agli amatori e insegnare le tecniche matematiche necessarie a una sua comprensione universitaria. Si chiama “L’apprendista teorico” , dai un’occhiata per vedere di cosa si tratta. Il libro è acquistabile su Amazon.

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2 comments

  1. Non sono interessato a questo tema ma ritengo che il tuo ragionamento e il prodotto possa essere utile. per certi versi mi sembra un metodo derivante dalla PNL per ridurre i tempi. Buon studio.

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