L’inversione del Tempo nella Gravità

Svuota la mente da tutte le complicazioni del mondo, elimina l’aria e altri attriti, e prova ad immaginare solo una palla sospesa sopra a un pavimento perfetto (cioè senza irregolarità nella sua superficie).

Lascia cadere la palla e registra quel che succede con una videocamera: la palla cade e rimbalza, ritornando su.

Ipotizza pure che la palla rimbalzi elasticamente in modo che la sua energia cinetica non sia dispersa in deformazione a causa dell’urto col pavimento.

La palla rimbalzerà fino a tornare all’altezza da cui è stata lanciata, per il principio di conservazione dell’energia totale. La sequenza in figura è da leggere come 1, 2 e 3.

Ok, wow. Che c’entra questo con l’inversione del tempo nella Gravità?

Abbiamo fatto un video di quanto accaduto, e la registrazione è suddivisibile in tre sequenze, indicate in figura dai numeri 1, 2 e 3. Che cosa vediamo ora se facciamo scorrere il filmato al contrario, cioè 3, 2, 1? Vediamo esattamente la stessa cosa: la palla inizia a scendere prima lentamente, poi sempre più velocemente fino a quando non rimbalza sul pavimento e arriva al fotogramma 1, in maniera del tutto identica alla sequenza 1, 2, 3!

Lo scenario 321 corrisponde all’inversione della freccia del tempo. L’inversione temporale consiste matematicamente nel cambiamento del segno davanti alla coordinata del tempo, indicata con “t”:

Impariamo quindi che la Gravità è simmetrica sotto inversione temporale! Significa che l’interazione gravitazionale rimane attrattiva indipendentemente dalla direzione del tempo.

Aspetta, ma se rimuovo il pavimento la palla cade verso il centro della Terra e rimane lì, non ritorna su!

Il filmato visto al contrario ha un aspetto ben diverso in quel caso: la palla arriva da giù e poi ritorna su (per starci), come se la Gravità fosse una forza repulsiva invece che attrattiva!

Ottima osservazione. Nel caso che hai citato, se guardassimo il filmato al contrario, sembrerebbe infatti che la Gravità stia “rigettando” la palla. In realtà bisogna studiare la situazione del filmato fotogramma per fotogramma come se fossimo degli investigatori.

  • Tempo normale: la palla parte dall’alto con velocità nulla, e viene man mano accelerata verso il basso per via dell’attrazione gravitazionale con la Terra. Come conseguenza la sua velocità (diretta verso il basso) ha un valore che aumenta sempre di più man mano che scende. C’è insomma qualche attrazione verso il basso che sta dicendo alla palla “vieni verso di me!”
  • Tempo invertito: la palla parte dal basso con grande velocità, ma stavolta direzionata verso l’alto. Man mano che la sua quota aumenta e si avvicina al punto da cui l’abbiamo lasciata cadere nel filmato originale, la sua velocità diminuisce sempre di più: c’è anche qui un’attrazione verso il basso che sta dicendo alla palla “fermati, torna da me, vieni verso di me!”

In entrambi i casi è la Gravità che dice alla palla di accelerare verso il basso, la direzione dell’accelerazione è sempre verso il centro della Terra. In questo senso intendiamo dire che la Gravità è simmetrica per inversione temporale.

Non so se debba sorprendermi o confondermi. E in ogni caso, mi pare una definizione costruita ad-hoc!

Almeno c’è un motivo fisico dietro?

Il motivo è molto semplice e sta dentro un dettaglio matematico. Chiamiamo dS lo spostamento in un piccolo segmento di traiettoria della palla, percorso in un tempo dt. Qui la lettera d ha un ruolo speciale che significa “piccola variazione di”:

  • dS significa “piccolo spostamento nello spazio S
  • dt significa “piccolo intervallo di tempo”

La velocità di un corpo è, a parole, quanto spazio abbiamo percorso in un certo tempo che abbiamo cronometrato. Normalmente si misura in metri al secondo, chilometri all’ora, etc. La preposizione articolata “al” sta a significare che spazio e tempo vanno divisi (matematicamente) tra loro. Infatti la velocità è definita come il rapporto tra dS e dt

Ok il fatto che la velocità cambi segno quando invertiamo il tempo dovrebbe vedersi da questa formula, giusto?

Esattamente, facciamo la trasformazione t \to (-t) nella formula e vedrai che il segno si propaga dal denominatore a tutta la frazione: segno invertito!

Questo ce lo aspettavamo: nel filmato la palla si muove effettivamente al contrario rispetto a prima, ma il suo valore assoluto non cambia (in particolare, il valore assoluto nel tempo rimane uguale punto per punto della traiettoria).

L’accelerazione invece (che nel nostro caso è dettata dall’interazione gravitazionale) è definita come la variazione della velocità nel tempo:

  • dv significa “piccola variazione nella velocità”

definita quindi come:

Abbiamo semplicemente sostituito al posto di v la sua espressione v=dS/dt data sopra.

Vuoi dirmi che da qui dovrebbe essere evidente che l’accelerazione conserva sempre lo stesso segno anche se invertiamo la coordinata del tempo?

Esattamente! Lo vedi applicando t \to (-t) nella formula:

meno per meno fa più, e il segno sparisce! All’accelerazione non frega nulla della freccia del tempo. Nel caso dell’accelerazione gravitazionale questo è proprio ciò che osserviamo.

Sì, molto bene. Però ho capito dove sta la furbizia: il mondo non funziona così!

Nel primo esempio la palla perde sempre anche solo una minuscola quantità di energia cinetica nel rimbalzo: si chiama dissipazione. Anche l’aria fa da attrito! Dunque, rivedendo il filmato al contrario, sarò capace di distinguere una direzione del tempo dall’altra.

La palla non tornerà mai esattamente alla stessa altezza da dove l’ho lasciata cadere.

Giustissima osservazione, di nuovo. Il punto è che quegli effetti non sono dovuti alla Gravità, ma alle interazioni della palla col mondo circostante. In un mondo senza attrito, la simmetria del tempo della Gravità è solo molto più evidente, tutto qua.

In fondo, ciò che ci permette di distinguere tra passato e futuro è proprio la dissipazione di energia in calore, collegato con l’aumento dell’entropia dell’universo.

D’accordo, ma perché secondo te tutto questo discorso è interessante?

Questa simmetria della Gravità sotto inversione temporale viene rotta esplicitamente nell’orizzonte di un buco nero, anche senza scomodare i concetti di entropia. Avrai forse sentito (clicca qui per un video pedagogico sull’argomento) che una volta superato il cosiddetto “orizzonte degli eventi” nulla può tornare indietro, neanche la luce può uscire.

Illustrazione bidimensionale dello spaziotempo attorno a un buco nero.

Se invertiamo la freccia del tempo sull’orizzonte, la Gravità si comporta in maniera diversa dato che non potremo mai vedere un oggetto tornare indietro superando l’orizzonte.

Possiamo vedere un oggetto che oltrepassa l’orizzonte venendo da fuori, ma non possiamo mai vederlo oltrepassarlo venendo dall’interno?

In realtà non lo vediamo nemmeno nel primo caso, dato che la luce ci mette sempre più tempo per raggiungerci man mano che l’oggetto si avvicina all’orizzonte. L’oggetto ci apparirà come “immobile” sull’orizzonte, ipotizzando che lo osserviamo a una certa distanza dal buco nero.

Ok stai tirando in ballo la Relatività Generale di Einstein senza dirlo pubblicamente. Se non masticassi l’argomento ti perderei qui, chiaro?

D’accordo allora concentriamoci sul messaggio da portare a casa: alcuni gruppi di ricerca stanno ipotizzando che la famosa “singolarità” di un buco nero preveda la possibilità di un “ribaltamento” della direzione del tempo.

L’interno dello spaziotempo di un buco nero potrebbe transitare quantisticamente in una configurazione in cui il tempo è invertito.

Tale transizione consiste nella trasformazione di un buco nero in un buco bianco.

Se ti interessa la Fisica, iscriviti alla newsletter mensile! Ho pensato di scrivere una guida-concettuale di orientamento per aiutarti a capire da dove studiare.

Da un buco nero nulla può uscire, in un buco bianco nulla può entrare. Un buco bianco è il futuro di un buco nero, il suo interno vede il tempo scorrere al contrario, e ora il suo orizzonte prevede la fuoriuscita di materia invece che il suo assorbimento [tutto ciò è discusso divulgativamente da C.Rovelli in “Buchi Bianchi” (Adelphi, 2023)].

La chiave di tutto ciò è che all’esterno un buco nero e un buco bianco sono del tutto simili: lo spaziotempo attorno è identico, la Gravità rimane attrattiva nonostante la direzione del tempo in un buco bianco sia ribaltata. Il motivo è proprio quello che abbiamo discusso prima: l’accelerazione è insensibile alla freccia del tempo.

Questo, di fatto, legittima l’ipotesi dei buchi bianchi: all’esterno, la loro esistenza non contraddice le leggi della Relatività Generale, l’Universo funziona ugualmente anche includendo i buchi bianchi. Il ribaltamento del tempo è compatibile con quanto sappiamo dell’Universo.

Invece, all’interno degli orizzonti, l’inversione del tempo gioca un ruolo fondamentale dato che consiste nel diverso comportamento di queste due entità.
Due entità (buco nero e buco bianco) che all’esterno sono indistinguibili, ma che all’interno si comportano in maniera opposta (uno fa l’inverso dell’altro).

Ho come l’impressione che tutto ciò sia solo un’introduzione molto semplificata. Dove sta l’entropia in questo gioco? La distinzione tra passato e futuro?

E inoltre, non avevi illustrato che un buco nero è in grado di emettere energia e rimpicciolirsi tramite la radiazione di Hawking? Come fa a evolversi in un buco bianco tenendo conto di ciò?

Hai detto bene, questo è solo un assaggio con cui spero di avere acceso la tua curiosità. Come per ogni argomento di ricerca, le questioni tecniche sono tante e intricatissime. Cercherò di dissenzionarle una ad una in futuro, anche perché voglio vederci meglio pure io. Sono poi curioso di sapere come si evolverà il campo nei prossimi dieci anni, e di come questa ipotesi dei buchi bianchi andrà a stimolare discussioni sulla natura della freccia del Tempo.


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Matteo Parriciatu

Dopo la laurea in Fisica (2020) e la specializzazione in Fisica Teorica (2023) all’Università di Pisa, studia simmetrie di sapore dei leptoni e teorie oltre il Modello Standard, interessandosi anche di Relatività Generale.

È autore del libro “L’apprendista teorico” (2021).

Perché secondo Rovelli la Relatività suggerisce di abbandonare il concetto di spaziotempo

Durante il secolo scorso, la Relatività Generale si è presentata con il più grande colpo di scena che la Fisica abbia mai visto:

L’interpretazione ortodossa della relatività generale: esiste uno spaziotempo che viene curvato dalle sorgenti di massa.
Le altre masse non possono fare altro che “seguire la curvatura” e quindi essere attratte.

Il campo gravitazionale non esiste, la gravità è il risultato della curvatura dello spaziotempo.

Chiunque si sia mai interessato di relatività generale si è quindi abituato a visualizzare questa affermazione con la splendida rappresentazione dello spaziotempo “curvato”.

Lo spaziotempo è per noi una “griglia immaginaria” che esiste fin dal Big Bang, una qualche costruzione geometrica su cui si collocano tutti gli eventi della nostra realtà.
Questi eventi possono essere descritti con le coordinate che vogliamo, e queste coordinate vanno a strutturare il palcoscenico matematico a cui diamo il nome “spaziotempo” dal punto di vista dei calcoli. Ma in ogni caso stiamo sempre assumendo che questa griglia invisibile e sottostante esista sempre, e in genere diamo anche a lei il nome di spaziotempo.


Di sicuro è una rappresentazione che ci consente di fare i conti in maniera molto comoda, ma ciò ha un determinato prezzo da pagare.

Questa rappresentazione assume in qualche modo che lo spaziotempo esista indipendentemente dalla materia e da ogni altra sorgente di energia, e questo è proprio ciò che sancisce il divorzio completo con la visione “quantistica” delle interazioni, come illustrato nel seguente schema:

Ciò pone non pochi problemi dal punto di vista della gravità quantistica, la quale si ritrova a dover mediare tra due visioni nettamente diverse! Nonostante ciò, entrambe le teorie funzionano in maniera impeccabile nei loro rispettivi campi di applicazione. In particolare anche la relatività generale ha ricevuto l’ennesima schiacciante conferma di validità secondo i dati recenti sull’osservazione del buco nero al centro della nostra galassia (EHT).

Eppure, nonostante sia data per scontata, questa interpretazione dello spaziotempo in relatività generale è tutt’altro che definitiva.

Di recente mi è capitato di studiare dei paragrafi del testo specialistico “Quantum Gravity” di Carlo Rovelli, incappando in un’osservazione che ritengo di altissimo valore concettuale e che aiuta a risolvere un importante paradosso delle equazioni di Einstein.

In realtà questa argomentazione non è dovuta solo a Rovelli, ma risale fino agli albori della relatività generale. È il cosidetto “hole argument” di Einstein, il quale giunse alle importanti conclusioni illustrate anche da Rovelli.

Un paradosso molto arguto

Immaginati una regione nello spaziotempo senza sorgenti di gravità, cioè senza massa o altre forme di energia come quella elettromagnetica. Magari questa regione di spaziotempo la prendiamo piccola a piacere per non complicarci le idee.

Con il simbolo delle tre ondine increspate, intendiamo uno spaziotempo curvo in quel punto.

Considera ora due punti A e B in questa regione vuota, e supponi di essere in grado di misurare la curvatura dello spaziotempo in entrambi i punti. Per intenderci, definiamo lo spaziotempo con il simbolo g_{\mu\nu}.

Per via di una particolarissima disposizione delle sorgenti esterne alla regione che stiamo considerando, supponi che lo spaziotempo sia curvo nel punto A e piatto nel punto B.

Ora usufruiremo del nome “Relatività Generale”, che non è stato assegnato a caso! Questo nome testimonia il postulato fondamentale su cui è basata tutta la teoria: la Fisica non può dipendere dalle coordinate di chi la osserva. Quando passiamo da un sistema di coordinate ad un altro stiamo eseguendo una trasformazione che chiamiamo \phi. Quando lasciamo agire \phi su una quantità “e“, otteniamo il suo trasformato \bar{e}=\phi\,e indicato con \bar{e}. Le quantità importanti della relatività generale non cambiano sotto la trasformazione \phi.

Se io calcolo una soluzione delle equazioni di Einstein che mi restituisce il valore della curvatura dello spaziotempo, il quale dipende da g_{\mu\nu}(x) in ogni suo punto x, allora un cambiamento di coordinate ottenuto con la trasformazione \phi genererà un’altra soluzione delle stesse equazioni, che ha la stessa validità della soluzione precedente.

Il punto è che \bar{g}_{\mu\nu} risolve le stesse equazioni di Einstein con le stesse sorgenti, non è cambiato nulla rispetto a prima. Cambia solo il linguaggio in cui abbiamo espresso g_{\mu\nu} (cioè le coordinate particolari che utilizziamo).

Supponiamo di trasformare le nostre coordinate in modo da mandare il punto A nel punto B e lasciare invariati tutti gli altri punti al di fuori del buco. Anche la soluzione delle equazioni di Einstein trasformerà come \bar{g}=\phi\,g. In sostanza, abbiamo fatto la seguente cosa:

Una trasformazione che lascia invariato tutto lo spazio tranne i punti all’interno della regione vuota. Dopo la trasformazione lo spaziotempo presenta una curvatura nel punto B , mentre la curvatura è nulla nel punto A.

Nelle nuove coordinate lo spaziotempo nel punto A è quindi piatto, mentre ora è curvo nel punto B.

Ripeto, \bar{g}_{\mu\nu} è una soluzione altrettanto valida, e la trasformazione che abbiamo fatto è consentita dalle leggi della Relatività Generale.

Ma allora lo spaziotempo nel punto A è piatto oppure curvo? Ci troviamo di fronte a un paradosso, come se le equazioni di Einstein fossero completamente inutili perché non sono in grado di descrivere lo spaziotempo univocamente.

Questo aspetto turbò gravemente Einstein in persona, tanto da fargli dubitare più volte che il principio di relatività generale avesse senso fisico.

In realtà, come fa notare Rovelli, la soluzione del paradosso sta nel ripensare la nozione di “punto dello spaziotempo”, o in generale: smetterla di attribuire tanta importanza a una griglia immaginaria come lo spaziotempo.

In realtà stavamo risolvendo un problema sbagliato.

La domanda fondamentale “com’è lo spaziotempo nel punto A? Ha in realtà meno significato di quello che pensavamo. Il problema era mal posto, o meglio, non aveva senso considerarlo un problema.

In Relatività Generale assumiamo l’esistenza di questa griglia invisibile chiamata “spaziotempo”, dandole un significato intrinseco che è maggiore di quello che realmente ha.
Nonostante accettiamo senza problemi il fatto che possiamo usare qualsiasi tipo di coordinate vogliamo per elencare i punti di questa griglia, qualcosa nella nostra intuizione ci porta a credere che la griglia abbia davvero un significato fisico.

Una rappresentazione bidimensionale della griglia spaziotemporale che ci immaginiamo nella nostra testa.

Il concetto di griglia ha però, come molti altri concetti, solo una natura strumentale. Spesso ci permette di capire ciò che stiamo facendo, ma non dovremmo dargli un significato ontologicamente maggiore di quello strumentale, o almeno questo è il suggerimento di Einstein e Rovelli.

Hai visto come il domandarci quale fosse la curvatura dello spaziotempo in uno specifico punto ci ha portato al paradosso che le equazioni di Einstein descrivono due cose diverse con due soluzioni che dicono in realtà la stessa cosa? Stavamo risolvendo un problema sbagliato, questo è l’errore a cui siamo condotti se non seguiamo il suggerimento.

Considera invece questa situazione: supponiamo che nel punto A si incrocino anche le traiettorie spaziotemporali di due particelle (cioè le loro geodetiche):

Le geodetiche delle particelle sono indicate con la linea tratteggiata blu.

Le coordinate con cui descriviamo il punto A adesso racchiudono non solo l’informazione sulla curvatura dello spazio tempo g_{\mu\nu}, ma anche l’informazione “si sono incrociate le geodetiche delle due particelle!“.
Anche le geodetiche dipendono dalle coordinate che utilizziamo, quindi se ora eseguiamo la stessa trasformazione di coordinate di prima, cioè mappiamo un punto nell’altro, dobbiamo spostare anche il punto di incontro delle geodetiche!

Come vedi ora sia la curvatura dello spaziotempo sia il punto di incontro delle geodetiche sono stati trasportati dal punto A al punto B. Supponiamo di voler rispondere, grazie alle equazioni di Einstein, alla seguente domanda:

“Com’è la curvatura dello spaziotempo nel punto in cui si incontrano le geodetiche delle due particelle?”

Questa domanda, a differenza di prima, è tutta un’altra questione: è ben posta ed ha una soluzione univoca data dalla soluzione delle equazioni di Einstein. Come puoi vedere, sia prima che dopo la trasformazione di coordinate esiste una curvatura nel punto di incontro delle due geodetiche. Lo spaziotempo è curvo nel punto in cui le due geodetiche si incontrano. Questa informazione non dipende da quali coordinate stiamo utilizzando. Quindi è questa la vera domanda da porsi in una situazione simile.

La Relatività Generale ci suggerisce che la griglia immaginaria ha molto meno significato fisico di quello che credevamo: ha poco senso fisico chiedersi quale sia il valore della curvatura dello spaziotempo in un suo specifico punto senza introdurre campi di materia o interazioni tra particelle che possano interagire in quel punto.

Se ti interessa la Fisica, iscriviti alla newsletter mensile! Ho pensato di scrivere una guida-concettuale di orientamento per aiutarti a capire da dove studiare.

Uno spaziotempo senza materia e particelle non ha significato fisico, la realtà non è composta da spaziotempo e campi, ma da campi su campi, secondo Rovelli. Possiamo fare affermazioni fisicamente sensate solo nel momento in cui iniziamo a relazionare campi di materia con altri campi di materia (come l’incrocio delle due geodetiche visto nell’esempio).

Questo punto di vista capovolge ancora una volta il significato che attribuiamo alla Relatività Generale: non è che la gravità non esiste ed è solo lo spaziotempo a farci sembrare che ci sia, sono le interazioni con le particelle che danno un significato fisico allo spaziotempo. Lo spaziotempo emerge grazie alle particelle, e non il contrario. Per la gravità quantistica questa interpretazione è nettamente più favorevole in quanto il mediatore smette di essere indipendente dalla materia che interagisce (vedi lo schema fatto all’inizio).

Gli oggetti non sono immersi nello spazio. Gli oggetti costituiscono lo spazio. Come un matrimonio: non è che marito e moglie “percepiscono il matrimonio”, loro sono il matrimonio, lo costituiscono. […] Allo spazio non rimane nulla se togli tutte le cose che lo abitano. Lo spazio è costituito dalle cose.

Carlo Rovelli

Si nasconde forse qui il segreto per iniziare a conciliare gravità e meccanica quantistica?

Secondo me questo paradosso meriterebbe di essere illustrato maggiormente nei libri di testo introduttivi di Relatività Generale, perché nasconde il cuore concettuale della materia. Per questo motivo ho pensato di portare in superficie l’osservazione di Rovelli, uno dei pochi autori moderni che ha scelto di parlarne a un secolo di distanza.


PS. ho scritto un libro di testo che rappresenta proprio ciò che avrei desiderato leggere all’inizio dei miei studi di Fisica teorica, per renderla accessibile agli amatori e insegnare le tecniche matematiche necessarie a una sua comprensione universitaria. Si chiama “L’apprendista teorico” , dai un’occhiata per vedere di cosa si tratta. Il libro è acquistabile su Amazon.

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Matteo Parriciatu
Matteo Parriciatu

Dopo aver conseguito la laurea in Fisica nel 2020, studia Fisica Teorica all’Università di Pisa specializzandosi in simmetrie di sapore dei neutrini, teorie oltre il Modello Standard e interessandosi di Relatività Generale.
È autore del libro “L’apprendista teorico” (2021).