Cosa possiamo imparare dal diario degli appunti di Feynman

Richard P. Feynman (1918-1988)

Fin da quando ho iniziato il mio percorso nella Fisica sono stato affascinato tanto dalla materia quanto dalle personalità che l’hanno costruita. Anzi, ripensandoci devo ammettere che traevo ispirazione dalle azioni quotidiane, dalle abitudini o dai modi di ragionare dei grandi fisici del passato. Non che volessi “emularli” , semplicemente li ammiravo così tanto da voler portare dei pezzi di loro dentro di me, per sentirli più vicini, per guidarmi nelle decisioni e nella motivazione.

Una parte che trovo estremamente interessante della storia di ogni fisico è il suo metodo di studio, e non di quando era già grande e formato, ma di quando era giusto agli inizi.

Un filo conduttore che ho notato è il seguente: per capire a fondo una materia, devi farla tua. Per fare ciò servono due step fondamentali:

  • Bisogna essere autodidatti per una buona percentuale del tempo. Il professore ha il ruolo di mostrare la via più proficua e fornire gli schemi per aiutarti a non perderti, il resto devi coltivarlo da solo usando dei libri adeguati allo scopo.
  • Dopo aver letto il libro devi estrapolare le tue visioni e i tuoi schemi per poi riorganizzarli come preferisci in forma scritta, su diari o quadernini personali.
Il diario di Feynman: “The Calculus”, in italiano “Il calcolo infinitesimale”.

Uno dei più grandi che seguiva questo metodo era Richard Feynman, celebre fisico teorico americano (Nobel 1965). Ne sono venuto a conoscenza perché sono incappato di recente in un articolo di Physics Today in cui è stato riesumato da un archivio il “diario degli appunti” di quando Feynman decise di imparare il calcolo infinitesimale da autodidatta quando era ancora al liceo.

Il giovane Feynman decise che il curriculum di matematica liceale (che arrivava a stento alla trigonometria) non era abbastanza per chi volesse iniziare ad interessarsi di Fisica. Per sua fortuna il matematico Edgar Thompson decise di scrivere una serie di libri con l’intento di rendere più accessibili alcune tecniche matematiche che all’epoca erano ancora trattate in maniera piuttosto “aulica”. Feynman trovò particolarmente utile il libro di Thompson “Il calcolo infinitesimale reso facile” del 1923, su cui decise di basare tutta la sua preparazione (introduttiva) alla matematica universitaria.

Trovo giusto rimarcare un attimo l’importanza dell’opera di personaggi come Thompson: se Feynman non avesse potuto sviluppare da solo certe attitudini grazie a libri così accessibili, avrebbe magari avuto più dubbi nel suo percorso, e chissà magari non avremmo mai sentito parlare dei “diagrammi di Feynman”.

Cosa possiamo imparare?

Ci sono poche immagini condivise in rete sul diario di Feynman. Tuttavia da quel poco che abbiamo possiamo comunque trarre alcuni spunti interessanti, oltre ad evidenziare alcuni tratti fondamentali che per Feynman diventeranno caratteristici del suo metodo di lavoro.

L’importanza della schematicitià

La cosa che mi ha sorpreso di più di questo diario è anzitutto la presenza di un indice.

L’indice del diario di Feynman. I capitoli sono organizzati in una maniera molto simile a quella del libro di Thompson.

Uno degli ingredienti fondamentali per imparare una materia nuova e complessa è infatti quello di riuscire a organizzare le informazioni in maniera che siano rapidamente accessibili. L’indice è probabilmente il modo migliore per visualizzare graficamente tutti gli aspetti di una materia, e non parlo dell’indice di un libro, ma dell’indice dei propri appunti. Nel mio caso, se i tuoi appunti non hanno un indice è più facile provare un senso di confusione generale quando scorri le pagine. Questo piccolo dettaglio può trasformare una “confusa raccolta” in un serio “arsenale di conoscenze”.
Feynman conservò tutta la vita questa propensione per la schematicità. James Gleick riporta un aneddoto di quando Feynman era ancora studente a Princeton:

[…] Aprì un quaderno degli appunti. Il titolo era “DIARIO DELLE COSE CHE NON SO”. […] Lavorava per settimane per disassemblare ogni branca della Fisica, semplificandone le parti e mettendo tutto assieme, cercando nel mentre inconsistenze e punti spigolosi. Provava a trovare il cuore essenziale di ogni argomento.

James Gleick

Qui non siamo solo davanti a un esercizio “di umiltà” che consiste nel cercare di perfezionare le proprie lacune, ma a una ricerca sistematica, ottimizzata.

Quando Feynman aveva finito il lavoro, si ritrovava con un diario degli appunti di cui andava particolarmente orgoglioso.

James Gleick

La schematicità di questo lavoro permetteva a Feynman di accedere rapidamente a tutti gli argomenti che lui riteneva più importanti, nella grafia e nello stile di presentazione che a lui era più congeniale: il suo.

Da questa lezione possiamo imparare l’importanza della rielaborazione e della schematicità: non solo bisogna far proprio un argomento, ma bisogna organizzare le proprie note in modo che siano accessibili con il minor sforzo possibile, solo così si può andare avanti con una mente abbastanza lucida, pronta ad imparare cose ancora più difficili.

Prendersi un po’ più sul serio

Il secondo aspetto su cui voglio soffermarmi riguarda queste due pagine di appunti:

L’argomento riguarda l’analisi matematica ordinaria: l’angolo iperbolico e le funzioni iperboliche, ma non è questa la cosa interessante, bensì è l’utilizzo di intermezzi stilistici del tipo: “come abbiamo visto”, “se dividiamo…” tutti rivolti al plurale, proprio come farebbe un professore che sta spiegando un argomento in un’aula. Feynman si prendeva sul serio. Questo prendersi sul serio lo portava a redigere gli appunti con uno stile che poteva essere letto da tutti, aumentandone la facilità di lettura e senza sacrificare la rigorosa riorganizzazione delle informazioni.
Ricordiamo: Feynman era appena un adolescente mentre scriveva questo diario, non stiamo parlando di uno studente universitario che si suppone abbia già consolidato certi metodi di studio. Qui sta la precoce genialità di Feynman.

Il diario degli appunti di Enrico Fermi.

Se si vogliono scrivere degli appunti che ci potrebbero essere utili in futuro, bisogna farlo prendendosi sul serio, scrivendo come se dovessimo esporre in un’aula con persone che su quell’argomento non sanno nulla.
Se non si fa ciò, si rischia di ritrovarsi con degli appunti illeggibili presi distrattamente qualche anno prima, con il risultato di aver sprecato ore di studio senza poter riacquisire in maniera rapida le conoscenze dimenticate.

Anche uno dei più grandi fisici del novecento, Enrico Fermi, usò la tecnica del diario degli appunti fin da quando era al liceo. Proprio come Feynman, Fermi era ossessivo nel redigere i propri appunti, dedicandovi una meticolosa attenzione, fin dalla stesura dell’indice:

L’indice di un quaderno di Fermi.

Come testimoniarono i suoi colleghi e amici, Fermi riutilizzava spesso i propri quadernini anche in età adulta, proprio perché gli consentivano l’accesso immediato a numerose branche del sapere, diventando quasi “un’estensione” del proprio cervello.
Di nuovo, la loro efficacia stava probabilmente nel fatto di essere stati scritti in uno stile a lui più congeniale, usando schemi con cui aveva maggiore confidenza. Qualcuno disse che Fermi aveva fatto sua tutta la Fisica, tanto da definirlo “l’ultimo uomo che sapeva tutto“.


PS. ho scritto un libro di testo che rappresenta proprio ciò che avrei desiderato leggere all’inizio dei miei studi di Fisica teorica, per renderla accessibile agli amatori e insegnare le tecniche matematiche necessarie a una sua comprensione universitaria. Si chiama “L’apprendista teorico” , dai un’occhiata per vedere di cosa si tratta. Il libro è acquistabile su Amazon.

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Matteo Parriciatu
Matteo Parriciatu

Dopo aver conseguito la laurea in Fisica nel 2020, studia Fisica Teorica all’Università di Pisa specializzandosi in simmetrie di sapore dei neutrini, teorie oltre il Modello Standard e interessandosi di Relatività Generale.
È autore del libro “L’apprendista teorico” (2021).

L’unico modo che conosco per studiare Fisica

Abbiamo tutti cominciato da qualche parte.
Prima qualche libro divulgativo, di quelli discorsivi ma non troppo: fammi vedere le equazioni diamine! No scusami scherzavo, torniamo alle analogie per favore. Sto capendo la Fisica o sto capendo le analogie?
Poi qualche approfondimento su YouTube, magari un buon documentario. Non si capisce niente, troppe analogie e pochi fatti. Quel discorso era un po’ troppo accelerato!
Poi si inizia a prestare un po’ più di attenzione all’ora di Fisica in classe, e anche gli esercizi sembrano darti l’illusione di fare enormi progressi. Appunto, di illusione si tratta.

Avendo 23 anni, ricordo ancora benissimo le prime sensazioni di quando a 16 anni ho iniziato ad interessarmi seriamente di Fisica. Di sicuro sentivo che le mie conoscenze avanzavano soprattutto quando risolvevo qualche esercizio particolarmente difficile (ma pur sempre algoritmico), o quando riuscivo a spiegare con parole semplici una teoria interessante. Con il senno di ora mi accorgo che in realtà la rapidità dei miei progressi era solo una percezione dovuta alla sovrastimolazione: quando impari Fisica per la prima volta hai voglia di esporti al maggior numero di argomenti possibile, senza nessuna speranza di assorbirli tutti in dettaglio. La sovrastimolazione mentale accorcia la percezione del tempo, quindi si crede di star facendo tantissimi progressi nella comprensione di teorie e dimostrazioni matematiche.

La realtà è che per approcciarmi alla meccanica classica con uno studio da autodidatta (condotto in parallelo agli argomenti del liceo scientifico, che usavo come ripasso di quello che già studiavo per conto mio) ho impiegato quasi più di un anno, studiando nella maggior parte del mio tempo libero (cioè almeno il 60% della mia giornata, in cui il restante era il tempo in classe). Sembra un gran risultato?

Un me 16enne, in pieno delirio di onnipotenza cognitiva.

La vera domanda è: quanto avevo capito davvero?


All’epoca credevo di aver capito quanto basta per risolvere la maggior parte degli esercizi dei libri di testo canonici. D’altronde non pretendevo di diventare un esperto alla prima passata, non ero così stupido.
Ero invece stupido su un altro aspetto, quello di non mettermi alla prova immediatamente.

Solitamente il mio approccio era quello di provare a scrivere degli articoli riassuntivi una volta capito un argomento, ma per fare ciò aspettavo che passassero abbastanza mesi affinché l’argomento mettesse le radici nelle mie connessioni neuronali, in maniera del tutto naturale. Qualcuno dirà che ho fatto bene, certi processi di ragionamento è meglio lasciarli instaurare in maniera naturale, senza forzarli!
In realtà avrei potuto capire il quadruplo delle cose se solo avessi forzato quel processo (o anche se avessi consultato libri più stimolanti di quelli “ortodossi”).

Il libro ha appena proposto una dimostrazione? Dimostrala pure tu. Proprio qui, proprio ora. Immediatamente.
Ripetimi su un foglio quel ragionamento che porta alla formulazione di Clausius del principio della termodinamica (che trovavo particolarmente involuto ed evitavo accuratamente di provare a derivare). Immediatamente. Diamine quanto avrei dovuto farlo! Avrei dovuto faticare molto di più e ne sarebbe valsa la pena! Carta, penna e calcoli! Immediatamente! Meno tempo impiegato, più risultati ottenuti.

Io fallivo nel momento in cui dovevo mettermi alla prova “immediatamente”. Diciamo che preferivo cullarmi nell’illusione che presto l’argomento mi sarebbe entrato in testa in maniera del tutto naturale, senza forzarlo. Quel “presto” era solo un’illusione.

L'unico modo che conosco ora per studiare Fisica è quello di diventare un miscredente nei confronti dell'autore del libro da cui studio. 
Carta e penna: i migliori alleati di un Fisico.

Mi metto nell’ottica in cui ogni cosa che leggo può essere potenzialmente una fregatura nei miei confronti, e così tengo una penna e un foglio di fianco al libro. Ogni passaggio e ogni parte concettualmente più complessa viene industrialmente convertita in alcuni schemi, bozze di calcoli, o dimostrazioni complete, usando carta e penna.

Lo so, è un processo tedioso. Soprattutto perché ti mette a confronto con la tua ignoranza, ti lacera l’ego. Ma l’alternativa qual è? Capire nel quadruplo del tempo ciò che vuoi imparare. Non ci sono shortcuts. Lo so, sono particolarmente duro, ma è ciò che direi al me stesso 16enne.

Una volta fatto ciò, non bisogna poi dimenticare di salvare alcuni di questi fogli di carta, per riutilizzarli in futuro come note personali. Sarebbe anzi preferibile convertirli in formato digitale, usando ad esempio delle app come Notion.

L’unico apprendimento possibile è quello attivo, quello in cui si mette in moto il cervello. Quest’ultimo è infatti una macchina particolarmente efficiente: vuole sprecare meno energia possibile. Sta quindi a noi scegliere in quali direzioni investire le nostre energie, ed imparare attivamente è decisamente la più remunerativa. Questo consiglio non si applica solo alla Fisica, di sicuro.

Ancora oggi mentre studio alcune materie della Magistrale sono spesso tentato dalla vocina nella mia testa “ma sì, leggilo e basta, poi si vedrà, ti entrerà in testa col tempo”. Di certo è la soluzione più comoda: rimandare a domani lo sconforto di oggi. Non credo proprio che la strategia “leggi e poi si vedrà” messa in pratica su un esame come cromodinamica quantistica mi consentirà di masterizzare le cose entro la prossima era geologica…


PS. ho scritto un libro di testo che rappresenta proprio ciò che avrei desiderato leggere all’inizio dei miei studi di Fisica teorica, per renderla accessibile agli amatori e insegnare le tecniche matematiche necessarie a una sua comprensione universitaria. Si chiama “L’apprendista teorico” , dai un’occhiata per vedere di cosa si tratta. Il libro è acquistabile su Amazon.

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Fisica e matematica: una scuola che non insegna l’autodidattismo ha fallito nel suo ruolo

L’istruzione non è imparare i fatti, ma è allenare la mente al pensiero.

Albert Einstein

Uno dei problemi secolari dell’istruzione italiana è quello dell’apprendimento nozionistico. Questo tipo di apprendimento premia quegli studenti che preferiscono un approccio passivo allo studio, il quale ha come unico movente l’imposizione del docente, mentre svantaggia quegli studenti che apprendono meglio solo se stimolati da un movente interiore di curiosità. Si parla, nell’ultimo caso, di apprendimento attivo.

Apprendimento passivo e attivo non devono escludersi, possono completarsi. Da una parte lo studente deve lasciarsi guidare dal docente, che ha il compito di mostrargli le metodologie e i punti critici della materia. Ma dall’altra è giusto incentivare lo sviluppo di un pensiero critico e di una maturazione indipendente dalle direttive dei programmi scolastici. Lo studente deve poter studiare degli argomenti a piacere, magari anche un po’ più complessi. Deve cioè sviluppare dei tratti da autodidatta.

Solo i buoni insegnanti formano i buoni autodidatti.

Jean-François Revel

La fisica e la matematica sono materie in cui l’apprendimento attivo può far fare il salto di qualità da bravo studente a studente eccezionale, perché sono sostanzialmente una scoperta continua che si costruisce sulle scoperte pregresse. Questo meccanismo crea diversi effetti positivi:

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  • Lo studente impara a distinguere da solo i punti cardine degli argomenti destreggiandosi tra tutte le fonti che riesce a raccogliere. Questo permette di sviluppare quella saggezza che lo rende un vero studioso della materia, e non un semplice studente che studia per passare la verifica.
  • Lo studente impara con i suoi tempi. Non deve seguire un programma scolastico che gli richiede di imparare un certo numero di cose in un tempo limitato e deciso da altri. Ognuno è diverso e ha curve di apprendimento diverse. L’apprendimento è efficace solo quando viene rispettata la tempistica di ognuno.
  • Lo studente sviluppa tanta autostima nei propri mezzi, in quanto ha dimostrato a se stesso di poter imparare qualsiasi argomento senza l’ausilio di qualcuno che gli dica dove guardare. Il circolo virtuoso è instaurato e lo studente continuerà ad apprendere sempre di più.
  • I risultati scolastici in fisica e matematica non potranno che migliorare. Uno studente consapevole, saggio e indipendente, svilupperà una padronanza e una confidenza tali da permettergli di superare le prove scolastiche con pochissima difficoltà.

Il mondo moderno è il paradiso degli autodidatti

Viviamo in un’era di progresso sfrenato, in cui il numero di risorse online è talmente vasto che lo studente potrebbe potenzialmente essere in grado di imparare qualsiasi argomento: le possibilità sono infinite. Varie ricerche di mercato hanno poi evidenziato come le aziende siano alla ricerca di profili che abbiano sviluppato competenze anche tramite l’autodidattismo, in quanto i diversi gradi di istruzione non riescono a stare al passo delle richieste del mercato per quanto riguarda le abilità e le competenze in settori sempre in rinnovamento. Questo tipo di abilità si possono apprendere sfruttando le risorse online, se si sa dove guardare.




PS. ho scritto un libro di testo che rappresenta proprio ciò che avrei desiderato leggere all’inizio dei miei studi di Fisica. Si chiama “L’apprendista teorico” , dai un’occhiata per vedere di cosa si tratta. Il libro è acquistabile su Amazon.