I neutrini sono secondo molti le particelle più interessanti della Fisica moderna. In un recente articolo ho cercato di dare un’idea del perché questa sia un’opinione così diffusa.
Tra tutti i grattacapi sui neutrini, uno dei più discussi riguarda il meccanismo teorico con cui interpretiamo la loro massa.
"Perché è necessario un meccanismo teorico per interpretare le masse delle particelle? E poi, che vuol dire interpretare? Non si interpreta una massa, la massa esiste e basta, no?"
L’osservazione è ragionevole! Ma la Fisica Teorica (lo strumento con cui facciamo previsioni sull’universo) lo è un po’ meno, o meglio, parla un linguaggio che ai nostri occhi può apparire meno “ragionevole”. In un recente articolo ho provato a illustrare come e perché sia necessario interpretare la massa delle particelle tramite la rottura di una simmetria. Questo meccanismo, in grado di “dare massa” alle particelle, è noto come “meccanismo di Higgs”.
Siccome sappiamo da poco più di un ventennio che i neutrini hanno massa, è lecito estendere il meccanismo di Higgs anche a loro. Tutto funziona perfettamente, se non fosse per due questioni poco soddisfacenti:
- Come spiegato nell’articolo precedente e accennato qui, la massa dei fermioni (la stessa famiglia dei neutrini) deve essere costruita con due blocchetti matematici fondamentali chiamati “chiralità destra” e “chiralità sinistra”. I neutrini interagiscono solo con la chiralità sinistra della loro funzione d’onda, per cui se vogliamo introdurre una massa con il meccanismo di Higgs, dobbiamo introdurre forzatamente una chiralità destra, la quale sarebbe “sterile” (cioè non avrebbe motivo di esistere se non per costruire la massa della particelle, dato che non partecipa alle interazioni).
I fisici preferiscono lavorare con quantità che possono misurare, se non possiamo misurare la “chiralità destra” nel senso che non possiamo osservare neutrini che interagiscono con quella chiralità, è poco soddisfacente introdurla. - La costante di accoppiamento tra il campo del neutrino e il campo di Higgs (tramite cui possiamo “assegnare“ la massa alla particella) è inspiegabilmente molto più piccola delle costanti di accoppiamenti dei fermioni più famosi (elettroni, quark, muoni, etc.).
Queste questioni poco soddisfacenti fanno sentire la necessità di un meccanismo alternativo per dare massa ai neutrini, un meccanismo personalizzato apposta per loro, per nascondere la nostra ignoranza su una eventuale Fisica oltre il modello standard.
Questo meccanismo è noto come Meccanismo di Majorana: a un livello molto elementare si tratta di ipotizzare che neutrino e antineutrino siano la stessa particella. Il tutto è spiegato brevemente in questo articolo dedicato all’ipotesi di Majorana. In sintesi: se neutrino e antineutrino sono la stessa particella (cosa possibile in quanto il neutrino è neutro elettricamente), allora serve un solo blocchetto matematico per descrivere la sua massa, cioè solo la “chiralità sinistra”, e non serve introdurre chiralità sterili.
Il meccanismo di Majorana, con poche altre ipotesi di contorno, è in grado di spiegare la massa dei neutrini senza incappare nelle questioni elencate sopra, per cui è generalmente favorito tra i fisici.

Questo meccanismo identifica neutrino con antineutrino, quindi non illustra solo come la particella acquista una massa, ma ci dice anche che il neutrino è un fermione completamente diverso dagli altri fermioni del Modello Standard.
Inoltre fornisce una possibile interpretazione del perché il neutrino è tanto leggero rispetto agli altri fermioni. Infatti in una delle declinazioni della teoria di Majorana la massa del neutrino è così piccola per via dell’esistenza di un ipotetico neutrino sterile di Majorana (sterile rispetto alle interazioni) avente una massa molto grande.
Con uno speciale accorgimenti teorico, l’introduzione di un neutrino molto massivo di Majorana ha l’effetto di rendere molto piccola la massa del neutrino che osserviamo nelle interazioni comuni.
Il modo migliore per immaginarsi questo particolare escamotage è tramite un’altalena: il neutrino è così leggero in quanto esiste un suo “partner sterile e pesante” molto più massivo.
I due meccanismi sono rappresentati in figura:

Un punto importante da capire del meccanismo “altalena” di Majorana è il seguente: il neutrino finale (quello leggero) è comunque una particella di Majorana. Esistono quindi due “neutrini di Majorana” di cui tenere conto nella teoria, il primo è il neutrino sterile introdotto all’inizio, questo neutrino sterile tramite un particolare accorgimento teorico può essere utilizzato per rendere molto piccola la massa del neutrino che si manifesta nelle interazioni. Un sottoprodotto di questo meccanismo è che il neutrino leggero diventa una particella di Majorana.
Come possiamo capire se il neutrino è una particella di Majorana?
La strategia più favorita è quella di andare a studiare processi nucleari in cui un neutrino si trasforma in un antineutrino, cioè processi che possono avvenire se e solo se il neutrino è una particella di Majorana.
Un processo di questo tipo è il doppio decadimento beta senza neutrini. (Per una breve introduzione sul decadimento beta singolo, leggi qui).
In sintesi in un decadimento beta normale un neutrone all’interno del nucleo si trasforma in un protone grazie all’interazione debole, ma nella trasformazione vengono generati un elettrone (per conservare la carica elettrica), e un antineutrino.


Questo antineutrino, prima di uscire dal nucleo, può andare a interagire con una certa probabilità (in verità piuttosto bassa) con un altro neutrone. L’interazione può avvenire solo se l’antineutrino interagisce con il neutrone con la chiralità preferita dall’interazione debole, cioè la chiralità sinistra (come illustrato nell’articolo precedente), ma per fare ciò dovrebbe invertire la chiralità con cui è stato emesso nel decadimento iniziale (se i neutrini interagiscono solo con la chiralità sinistra, gli antineutrini interagiscono solo con la chiralità destra, dato che particelle e antiparticelle trasformano in maniera opposta). Quindi deve avvenire il passaggio da chiralità destra a chiralità sinistra, e questo può avvenire solo se neutrino e antineutrino sono la stessa particella, cioè se sono particelle di Majorana!
Se l’antineutrino (neutrino) inverte la propria chiralità, può andare a fare interazione debole con un altro neutrone nucleare, e questo genera l’emissione di un altro protone e di un altro elettrone.
In questo modo nel nucleo spuntano due protoni in più rispetto a prima, e vengono emessi due elettroni in totale (ma nessun neutrino).
Il risultato del doppio decadimento beta è che non vengono emessi neutrini, perché agiscono solo come particelle virtuali di scambio all’interno del processo nucleare.
L’esperimento CUORE
La probabilità di osservazione di un doppio decadimento beta nucleare è così bassa che se stessimo ad aspettare ne accadrebbe in media uno solo in ben dieci milioni di miliardi di volte l’età dell’universo.
La fisica dei neutrini è abituata a cercare l’acqua nel deserto, essendo i neutrini le particelle più sfuggenti che conosciamo. Fortunatamente, come già discusso nell’articolo precedente, possiamo aumentare le nostre probabilità di vincita se giochiamo bene tante schedine!
È sufficiente indagare grandi masse nucleari, dell’ordine della tonnellata, e questa probabilità si innalza considerevolmente: almeno qualcuno fra quei miliardi e miliardi di nuclei dovrà pur decadere!
Tuttavia la probabilità del processo è comunque molto più bassa delle probabilità di tutti i restanti processi dell’ambiente che ci circonda, dalla radioattività naturale fino ai prodotti di spallazione dei raggi cosmici.
Se si vuole cercare il doppio decadimento beta, bisogna schermare tutte queste sorgenti indesiderate di particelle, andando ad esempio sottoterra.
E qui entra in gioco l’esperimento CUORE, uno dei numerosi esperimenti che cercano il doppio decadimento beta, ma comunque uno dei più promettenti. CUORE si trova nel cuore dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso, protetto da strati su strati di roccia in grado di schermare i detector che cercano il segnale tipico del doppio decadimento beta (cioè l’emissione di due elettroni dal nucleo).
Il problema è che la sensibilità dei detector richiesta è soddisfacente solo se si lavora a temperature molto vicine allo zero assoluto.
Sia chiaro: non parliamo dello zero Celsius, ma dello zero Kelvin (cioè 273 gradi sotto lo zero Celsius). L’esperimento CUORE è stato in grado di raggiungere temperature dell’ordine del millesimo di Kelvin, cioè poco maggiori di 0.001 Kelvin, questo al fine di ottenere sensibilità sperimentali in grado di discernere, con sufficiente accuratezza, il segnale del doppio decadimento beta dal segnale delle altre eventuali fonti di radioattività naturale. Questo fa di CUORE “il metro cubo più freddo dell’Universo”.
Ecco cosa dovrebbe succedere in uno scenario positivo e idealizzato:
Nell'ipotesi che il nucleo decada con doppio decadimento beta senza neutrini, nel processo vengono emessi due elettroni. Il nucleo si trova all'interno di un materiale cristallino mantenuto a temperature dell'ordine del millesimo di Kelvin. I due elettroni uscenti dal nucleo depositano una certa energia nel cristallo, e questa energia viene captata da un detector, che a queste temperature ha la sensibilità sufficiente per distinguere l'energia degli elettroni dal rumore circostante. L'energia viene registrata dal detector: se essa corrisponde al calcolo teorico caratteristico del processo, allora con una buona probabilità il neutrino è una particella di Majorana!

Ribadiamo un fatto fondamentale: se il neutrino NON è una particella di Majorana, non osserveremo mai il doppio decadimento beta senza neutrini.
Finora l’esperimento CUORE, in accordo con altri esperimenti internazionali, non ha trovato evidenza del decadimento (ultimi dati del 2020). Ciò NON esclude che i neutrini siano particelle di Majorana, perché dobbiamo ancora raggiungere la sensibilità sperimentale sufficiente (abbassare la temperatura purtroppo non basta, serve anche riuscire ad eliminare completamente il rumore ambientale che può influenzare i detector e coprire il segnale che stiamo cercando).
A fini divulgativi (almeno a un livello universitario), ho cercato di mettere assieme una guida per lo studente interessato alla questione del doppio decadimento beta e alle difficoltà sperimentali di CUORE:
Lo scopo era quello di fornire una referenza più completa e al contempo succinta possibile, poiché l’argomento è in continua evoluzione e ricco di letteratura specializzata (citata in bibliografia).
PS. ho scritto un libro di testo che rappresenta proprio ciò che avrei desiderato leggere all’inizio dei miei studi di Fisica teorica, per renderla accessibile agli amatori e insegnare le tecniche matematiche necessarie a una sua comprensione universitaria. Si chiama “L’apprendista teorico” , dai un’occhiata per vedere di cosa si tratta. Il libro è acquistabile su Amazon.

