Cambio posizione per l’ennesima volta. La scalinata davanti al Palazzo Ducale di Genova non è uno dei posti più comodi per mettersi a scrivere calcoli sul tablet. La speranza è che la scomodità della situazione stimoli il cervello a produrre più di quanto farebbe a casa.

È il mio primo tentativo nel mondo della ricerca in Fisica Teorica, e davvero sento di non poter sbagliare. In qualche modo sono convinto che un ricercatore alle prime armi abbia a disposizione un solo tentativo, altrimenti è tacciato di incompetenza. Qualcosa tipo “se non ottieni risultati, almeno salvati la reputazione e non commettere errori”.

Tra le questioni da indagare nel mio lavoro ce n’è una che mi sta molto a cuore: una spiegazione teorica del perché elettrone, muone e tau (tre particelle “sorelle” da tutti i punti di vista) abbiano masse così spropositatamente diverse:

Elettrone, muone e tau, assieme al bosone di Higgs.
  • Rapporto massa elettrone/muone m_e/m_\mu\approx 1/200
  • Rapporto massa muone/tau m_\mu/m_\tau\approx 1/17

Questi rapporti non sono in nessun modo giustificati nel Modello Standard. È un puzzle vero e proprio nella fisica delle alte energie: perché particelle così simili in tutto e per tutto devono differire in maniera così marcata nelle loro masse?

Non che stessi provando a fare nulla di nuovo, negli ultimi 40 anni sono state pubblicate molte teorie (non verificate) in grado di spiegarlo, il punto è che il lavoro di ricerca prevedeva la risoluzione di questo puzzle in un contesto più ampio, una nuova simmetria della Natura proposta di recente: la simmetria modulare. Tale simmetria aiuterebbe a fare previsioni sulle particelle più elusive che conosciamo: i neutrini.

La simmetria modulare funziona molto bene, ma non è facile incastrarci in maniera naturale quei rapporti di massa. Questo era parte della scommessa del nostro lavoro di ricerca. Nulla di sconvolgente, ma un possibile (interessante) avanzamento in un’area molto misteriosa.

Il Sole picchia forte su quella scalinata, e man mano che si sposta nel cielo traccia un’ombra che io sono costretto a seguire per vedere meglio i miei calcoli. Nella mente riecheggiano le parole del mio supervisore, sentito poco prima in una informalissima chiamata Teams al telefono:

Quei pesi modulari possono avere un ruolo nella spiegazione dei rapporti di massa, qualcosa che non è stato ancora provato…

I “pesi modulari” sono speciali coefficienti con cui scriviamo le teorie di simmetria modulare, e sono collegati in qualche modo agli accoppiamenti delle particelle con il campo di Higgs (il quale dà massa alle particelle, come sai). Detto in maniera spiccia: un peso diverso corrisponde a un accoppiamento più o meno forte con il campo di Higgs, per via di interazioni che avvengono a energie altissime con altri campi ad oggi sconosciuti.

Il mio obbiettivo è quello di spiegare con lo stesso modello sia i rapporti di massa di queste tre particelle, sia alcuni parametri fondamentali nelle oscillazioni dei neutrini. La maggior parte dei modelli “modulari” in letteratura riesce a fare solo la seconda cosa.

Provo quindi tutte le combinazioni possibili di pesi da assegnare. Dai! Elettrone, muone e tau, da qualche parte dovrete pur distinguervi l’uno dall’altro. Nessuna strada mi convince, forse perché cerco di essere più ortodosso possibile: non sia mai che proponga una mia idea originale col rischio di metterci la faccia e fallire quella che io penso sia la mia unica chance.

Tra un calcolo e l’altro, le ore scorrono a una velocità impressionante: un soleggiato (ma freddo) pomeriggio autunnale inizia a volgere al termine.

Sono sempre stato uno studente più “visivo” che “logico” quando si tratta di conti, cerco anzitutto analogie e somiglianze tra i simboli. Spesso funziona, e se funzionasse pure stavolta?

Mi intestardisco su un’idea: e se dessi dei pesi diversi a queste tre particelle? Provo varie possibilità, decisamente alla cieca.

Verso il tramonto, inizio a notare un pattern nei miei calcoli. Un’assegnazione di pesi modulari pare riprodurre la gerarchia di masse correttamente. La mia testardaggine con quei calcoli pare premiarmi. Ho tentato un approccio un po’ meno ortodosso, ma sì sai forse che quasi quasi è anche…originale?

Il cuore salta un battito. Che bella la verginità del ricercatore alle prime armi: basta così poco.

Rialzandomi da quella scalinata, mi accorgo di aver perso sensibilità alle gambe dopo averle pressate per almeno 4 ore sul marmo fresco. Mentre sto perdendo l’equilibrio penso: l’mportante è non far cadere il tablet, no quello è troppo importante. Ovviamente per quello che ci sta scritto dentro.

Sono così paranoico che decido subito di mandare al mio supervisore una mail con le paginate che ho scritto. Paginate illeggibili, dunque inutili per chiunque non fosse me, ma dovevo in qualche modo salvarle. Potevo sempre essere rapito o finire in un tombino nella via di casa…e quelle pagine non avrebbero mai visto la luce del giorno.

Il tempo di allontanarmi dal Palazzo ed arriva una telefonata su Teams, è lui.

Nel momento in cui finisco la chiamata mi ritrovo quasi dall’altra parte della città. Nell’euforia ho percorso tutto viale XX settembre. Sono convinto di essermi giocato la mia unica carta da fisico teorico, e che forse è quella vincente.

Ricordo bene quella sensazione mistica: mi sentivo davvero in comunicazione con le leggi della Natura, la stessa sensazione che mi ha sempre attratto alla Fisica. Le parole entusiaste del mio supervisore mi hanno folgorato.

Quella chiamata su Teams ha però esaurito le ultime energie vitali del mio telefono. Un’ottima occasione per riflettere su quanto fatto, in solitudine, per riprendersi dallo shock.

Camminando, l’euforia lascia il posto a una strana sensazione di sollievo: penso “fiùu, per fortuna me la sono giocata bene questa carta, ora posso essere preso sul serio“. Subentra anche una certa ansia da prestazione: ora che ho mosso bene il primo passo, ci si aspetta che azzecchi pure il prossimo? E così via, senza fine? Quasi toglie un po’ di sapore a quella che penso essere la vita del ricercatore.

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Quella notte non riesco a prendere sonno, vorrei sia subito mattina per ritornare a lavorare, e magari scrivere in bella copia quei risultati preliminari.

Ma, come a volte mi capita (specialmente dopo aver dato un esame scritto) la notte è portatrice di lucidità divina. Inizio ad avere dei sospetti su quello che ho fatto, così mi alzo e mi presento in salotto, illuminato al chiaro di Luna, tablet in una mano e computer nell’altra. Mi rileggo un po’ di articoli su questa nuova teoria, in cerca di eventuali punti deboli nel mio ragionamento.

L’orgoglio scaturito dalla giornata mi impedisce di avere grossi dubbi, ma ho anche fiducia nella mia attività cerebrale in regime di dormiveglia: se ho accumulato qualche sospetto ho il dovere di controllare.

La città inizia a risvegliarsi, e assieme a lei il cinguettio degli uccellini del parco vicino. Fa un suono ben più forte il tonfo del mio cuore mentre realizzo che ho trascurato alcuni vincoli fondamentali nelle equazioni del modello.

Il modello che ho trovato non è corretto perché alcuni vincoli di simmetria non sono rispettati.

Tutto distrutto, tutto in malora, per via di un dettaglio.

Con mia enorme sorpresa, il tonfo non è però doloroso, somiglia più a quella sensazione che hai dopo essere sceso dalle montagne russe. Lo spavento è intenso, ma la voglia di rifarlo lo è ancora più.

In pochissimi secondi ho il vero lampo della giornata: non sono deluso, sono estasiato. Tutto ha molto più sapore, e arriva il vero sollievo.

La dolce illusione di aver trovato qualcosa di nuovo è molto più gustosa del risultato in sé. In quelle chiamate su Teams non ero entusiasta solo per l’elettrone, il muone e il tau, ma anche per la possibilità di conversare con un altro ricercatore su questioni difficili di cui nessuno sa la risposta certa.

Quella notte, in quell’istante, realizzo di essere orgoglioso di me.

Il tentare e ritentare, senza l’obbligo di dover trovare tutto al primo colpo, questa è la Ricerca. Il ricercatore può (e deve) sbagliare tanto, perché ha poi il dovere di informare gli altri su quali strade non funzionano.

Chiaramente il mio era un approccio infantile. Ma quanto spesso pensiamo di doverci giocare la carriera in un colpo solo? Quante volte rigettiamo il fallimento! Quante volte sentiamo di dover dimostrare qualcosa per darci un po’ di tregua e accettarci?
Eppure, quante altre volte la ricerca del successo è ben più saporita del successo stesso?

In quell’attimo, ho capito davvero perché mi interessa la strada della ricerca.


Matteo Parriciatu

Dopo la laurea in Fisica (2020) e la specializzazione in Fisica Teorica (2023) all’Università di Pisa, studia simmetrie di sapore dei leptoni e teorie oltre il Modello Standard, interessandosi anche di Relatività Generale.

È autore del libro “L’apprendista teorico” (2021).

PS. ho scritto un libro di testo che rappresenta proprio ciò che avrei desiderato leggere all’inizio dei miei studi di Fisica teorica, per renderla accessibile agli amatori e insegnare le tecniche matematiche necessarie a una sua comprensione universitaria. Si chiama “L’apprendista teorico” , dai un’occhiata per vedere di cosa si tratta. Il libro è acquistabile su Amazon.

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